La recensione di The Princess – La storia di Diana rimane avvincente e angosciante
Sappiamo come andrà a finire ma, nonostante ciò, il documentario di Ed Perkins, sapientemente montato, sul folgorante personaggio reale è assolutamente e infallibilmente avvincente.
Non è invecchiata come sono invecchiati coloro che sono rimasti: i “guardiani reali”, i giornalisti, gli operatori di beneficenza, i primi ministri, i paparazzi, l’ex marito e i due figli, entrambi più vecchi di lei quando è morta. Forse il documentario di Ed Perkins sull’eccitante vita pubblica di Diana, Principessa del Galles, non dovrebbe essere così affascinante, ma ho trascorso gran parte del film con il fiato sospeso. Il documentario racconta la storia utilizzando solo filmati d’archivio esistenti e alcuni materiali video, forse ispirandosi al regista Asif Kapadia, che ha spesso adottato questo approccio, in particolare con il pilota Ayrton Senna, morto in un incidente di F1 nel 1994.
Il punto dolente di questa tecnica è che ora sappiamo tutto, o quasi, della straziante miseria che si è consumata dietro le quinte; sappiamo per esempio come è stata ingannata nell’intervista di Panorama con Martin Bashir in cui ha rivelato che c’erano “tre persone” nel suo matrimonio e che voleva essere “regina nel cuore della gente”. Ora c’è un nuovo brivido e un nuovo contesto per questo documento pubblico. Il montaggio si sforza di offrirci nuovi scorci dietro il sipario, tra cui le ventilate menzioni, nei commenti al matrimonio reale, degli impeccabilmente leali e solidali signori Parker-Bowles.
Il problema di questo approccio è che non può mostrarci nulla di Diana che non sia già stato registrato: soprattutto, non può mostrarci la sua spiacevole ma rivelatrice faida con la tata dei figli, “Tiggy” Legge-Bourke, che lei sospettava avesse una relazione con Charles.
Questo documentario è più soddisfacente della fiction-fantasy Spencer di Pablo Larraín, surriscaldata e sostanzialmente credulona, recitata in modo divertente da Kristen Stewart (che però non è stata brava quanto Emma Corrin nello stesso ruolo per The Crown di Netflix). È avvincente e angosciante vedere ancora una volta quanto Diana fosse affascinante, semplice e spontanea rispetto ai reali soffocanti ma anche alla classe delle celebrità secolari, come sapesse istintivamente lavorare con la stampa quando questa era ancora essenzialmente comprensiva, ma come diventasse panico e disfunzionale quando questa stessa stampa diventava becera e predatoria. Nelle ultime fasi del film, quando ci sono le riprese video dei fotografi, possiamo sentirli imprecare e scherzare tra di loro.
Per quanto riguarda Diana stessa, dopo il divorzio, spesso si è miseramente ritirata dietro un berretto da baseball o una racchetta da tennis, oppure è stata ritratta mentre arrivava raggiante a interminabili gala di beneficenza in stile newyorkese, spesso baciando su entrambe le guance qualche uomo in smoking liscio che era lì per accoglierla. In un’occasione, in modo raccapricciante, si trattava di Henry Kissinger.
Poi c’è stato il terribile incidente in sé, un evento straordinario in quei giorni pre-social-media in cui era ancora possibile dare la notizia alla gente. Io stesso ho detto a un turista olandese in Kensington High Street perché tutti portavano fiori, e non dimenticherò mai il suo shock. Questo film trasmette, anche se indirettamente e forse involontariamente, quanto fosse emozionante trovarsi a Londra nella settimana tra l’incidente e il funerale, con l’isteria che aleggiava nell’aria. Ecco l’evento che ha creato le nuove verità dell’apertura emotiva e della salute mentale nella vita pubblica britannica. Ho sorriso nel vedere Christopher Hitchens che si rifiutava gloriosamente di “leggere la stanza” – come nessuno diceva nel 1997 – mentre veniva intervistato nei Giardini di Kensington, in mezzo alla folla addolorata, su quanto non fosse impressionato dall’intero culto di Diana, reagendo con feroce disprezzo a qualcuno che lo rimproverava solennemente: “Chi diavolo sei?”.
Diana ha lasciato non solo due figli, ma anche due nuore che sono le metà quasi inquietanti di Diana: la Duchessa di Cambridge ha qualcosa dell’eleganza e della dolcezza, ma non il carisma; la Duchessa del Sussex ha l’energia del dissenso, ma non il fascino. Forse l’intero film è giustificato dall’incredibile sequenza di sacrificio umano del giorno del matrimonio: Diana, giovane e vergine, viene condotta nella Cattedrale di St Paul – un evento stranamente simile, nella sua riverente irrealtà, al suo funerale nell’Abbazia di Westminster, solo 16 anni dopo.
Contenuto tradotto e liberamente ispirato a https://www.theguardian.com/film/2022/jun/29/the-princess-review-dianas-story-remains-captivating-and-agonising